Percorso

Lockdown a Varanasi

 

 

Dopo qualche tempo rispetto all’Italia anche l’India è stata coinvolta nell’emergenza Corona. I media hanno cominciato a lanciare l’allarme terrorizzando la popolazione e annunciando un elevato numero di contagi. Gli immigrati occupati nelle grandi città, spaventati dall’eventualità di restare senza lavoro e senza mezzi di sussistenza, hanno caoticamente abbandonato le metropoli tentando di raggiungere i loro villaggi natali.

 

 

Le stazioni dei treni e degli autobus sono state prese d’assalto e il governo ha soppresso numerosi collegamenti, lasciando la popolazione allo sbaraglio. Milioni i disperati in fuga, moltissimi hanno percorso diverse centinaia di chilometri a piedi con i pochi mezzi a loro disposizione, affrontando fatiche, fame e sete. Molti venivano relegati in fatiscenti luoghi adibiti a centri di quarantena e abbandonati a sé stessi, altri venivano arbitrariamente fermati e disinfettati con prodotti imprecisati, forse anche tossici. Una pesante angoscia e l’insicurezza del futuro sono calate su centinaia di milioni di persone del sub-continente.

 

 

A Varanasi, dove convivono da sempre con virus e batteri molto più letali rispetto a quelli delle sindromi simil-influenzali, hanno inizialmente accolto la cosa con leggerezza ma quando sono arrivati i lockdown impietosi imposti dal governo, hanno preso coscienza delle devastanti conseguenze sociali che questi avrebbero prodotto.

 

 

Le famiglie che vivono attorno all’Ashram non sono state risparmiate e moltissime si sono trovate prive di qualsiasi mezzo di sussistenza. L’Ashram si è impegnato in una campagna di supporto verso i più indigenti. Abbiamo acquistato grandi quantità di generi di prima necessità: riso, lenticchie, patate, olio, spezie e altro cibo, prodotti per l’igiene, per la casa e medicinali.
Nel periodo più pesante, fino all’allentamento delle restrizioni, sono state quasi mille le famiglie che hanno ottenuto aiuto dall’Ashram, incluse tutte quelle dei bambini della nostra scuola.

 

 

Anil Baba, i sadhu residenti, i ragazzi e le ragazze più grandi hanno lavorato alacremente per giorni, a più riprese, nell’approvvigionamento, nella preparazione e nella distribuzione dei beni.
È stata una goccia in un oceano di sofferenza ma che ha dato significato, dimostrazione, valore a ciò che la gente si aspetta da un Ashram nella cultura e nella tradizione indiana.