Percorso

 

L’iniziazione Aghor

 


Shri Aghoreshwar in Samadhi


Tratto dalla Biografia di Aughar Bhagwan Ram

Quando Baba Bhagwan Ramji giunse nel monastero di Kina Ram, il priore (Mahant) stava dormendo. Quel giorno era sabato. Il giorno seguente, domenica, un fedele, come dono speciale, aveva inviato del cibo. Ashu Baba diede al giovane da mangiare riso, pesce ed altro mescolati. Avendo vissuto fino ad allora come un Vishnuita,  quando si mise a mangiare gli venne il singhiozzo. Mangiò un po’ di riso, gettò il resto del cibo nel Krin Kund e, ripulito il piatto, si sedette. Proprio allora gli attraversò la mente questo pensiero: “Se devo essere un Aghori, dovrò vincere questa sensazione.” Gradatamente la difficoltà verso il cibo scomparve. In seguito il priore lo mandò allo shmashan Harishchandra ghat a prendere della legna con Ashu Baba. In questo lavoro egli si impegnò con eccessiva severità e, a causa della giovane età e per la mancanza di allenamento ai pesanti lavori manuali, era fisicamente esausto e una volta ritornato all’eremo chiese consiglio al proprio illuminato Maestro. Questi lo consigliò di procedere con fermezza e nel giro di pochi giorni anche questa difficoltà scomparve.



Baba Kina Ram al Krin Kund Sthal


Per l’iniziazione  erano venuti alcuni sadhak. Il priore diede inizio al Chakra Puja. Dallo stesso calice dal  quale il priore aveva bevuto il liquore, il discepolo postulante bevve la rimanenza. Il venerabile spiegò che  all’epoca della sadhana Vishnuita, quando viveva nel tempio di Yaggiaavatarji, era solito mangiare il riso bollito portato da casa dopo averci messo una foglia di tulsi, benché anche questo comportamento non fosse conforme alla tradizione di quell’ashram e del villaggio. Un giovane amico del villaggio, di quando in quando, gli offriva con insistenza il betel e al suo rifiuto gli portava il cibo da casa e se ne andava considerando il suo comportamento simile a quello degli Aghori. Accettò per la prima volta la madira (liquore) nel campo di Kina Ram come omaggio, offerta al maestro. In questo modo al compimento del rito ci fu anche qualche cerimonia segreta speciale?. Dopo di ciò il priore gli strappò alcuni capelli dalla sikka e li gettò via e nello stesso tempo un barbiere per ordine del maestro gli rasò il capo. Il maestro lo iniziò ai Mantra e gli altri sadhak presenti tornarono alla propria residenza.



Kali – Ara Shmashan


Fin dall’infanzia aveva l’abitudine di alzarsi all’alba, fare il bagno e compiere le pratiche religiose. Perciò con grande concentrazione cominciò a compiere tutti i lavori dell’ashram, a ripetere i Mantra e a servire il Maestro. Quegli stessi giorni allo spuntar del sole, standosene immerso nel Gange fino al collo sullo Shri Hanuman ghat, continuò a ripetere versetti e orazioni. Qualche tempo dopo ottenne anche la grazia del Supremo Maestro.

Un giorno se ne stava nell’ashram presso il sacro braciere  semi addormentato. Ebbe la visione di un essere divino che, calzando zoccoli di legno, se ne stava in piedi accanto a lui. Costui gli pose un piede con lo zoccolo sul petto e con voce chiara pronunciò qualche Mantra. Egli, sollecitato da un’interna ispirazione, lo ripeté e lo fissò nella memoria; da allora fino ad oggi ripete costantemente quello stesso Mantra. Poco tempo dopo questa inaspettata manifestazione del Maestro, gli capitò un altro fatto simile che gli confermò la propria fede nel Mantra sopraccitato.

Egli stava ordinando la tomba di Baba Kina Ram quando giunto sul lato meridionale udì chiaramente lo stesso Mantra e contemporaneamente anche l’ordine divino di ripeterlo. Per un certo tempo restò là e si esercitò. Nel frattempo gli capitò un altro fatto. Nell’inno laudativo di Shiva  col mantra “Aghorannaparo” si trova pure un cenno dei poteri soprannaturali di quel Mantra. Era la stagione delle piogge e il priore gli consegnò la chiave del magazzino prima di recarsi in qualche luogo. Il discepolo era impegnato nei suoi doveri quando improvvisamente il priore fece ritorno e gli domandò la chiave del magazzino. Egli non ricordava più dove aveva posto la chiave e disse all’impaziente priore di averla perduta e se voleva concedergli tempo fino all’indomani, l’avrebbe ritrovata . A questo punto il priore si adirò moltissimo e volle aprire immediatamente la stanza per vedere la propria merce. Il giovane discepolo si stupì alquanto e cercò di nuovo di persuadere il priore, ma questi non cedette. Allora di fronte a tutti i presenti egli toccò il lucchetto che si aprì immediatamente. Vedendo la propria merce al solito posto il priore si tranquillizzò ma un nuovo pensiero lo turbò: probabilmente il suo discepolo aveva anche un altro maestro. A causa di questo sentimento Bhagwan Ram ji per molto tempo non poté restare nell’ashram in modo stabile e fu costretto a compiere da solo la maggior parte della sadhana. Per le sacre formule e gli amuleti, per il procedimento e l’esercitazione e l’indispensabile realizzazione, cominciò a lavorare da solo.



Aughar Bhagwan Ramji


In questo periodo entrò in contatto con l’illuminato (Avadhut) Baba Chedi Ram appartenente alla tradizione scolastica Yagiraj di Kacheha Baba. In Kashi, vicino a Ishvarganji, nella località Nai Basti (nuovo insediamento) vi è una nobile famiglia Kshatriya nella quale visse il famoso santo Babu Vishveshwar Singh. Il suo discendente Chedi Baba viveva qui come un Avadhut. Questi di quando in quando era solito recarsi anche al Krin Kund situato nel campo Kina Ram. Shri Bhaguan Ram, vivendo lontano dall’ashram, provò il desiderio di andare là per esercitarsi e subito andò a vivere nello vyayamsala nei pressi di Ishvarganji e, restandovi per un certo tempo, si esercitò sotto la guida di Chedi Baba.

Fin dall’infanzia aveva l’abitudine di svegliarsi all’alba perciò, dopo aver fatto il bagno e le abluzioni al mattino di buon’ora, trascorreva la maggior parte del tempo nella meditazione e nell’adorazione. In questa situazione incontrava spesso difficoltà riguardo la questua perché a mezzogiorno andava sì alle porte delle case per chiedere l’elemosina ripetendo: “Madre datemi del pane ” ma non insisteva mai. Per questo alla questua pensava di solito Chedi Baba. Non solo questo, al tempo della ricerca religiosa, per incrementare in lui la fede e la perseveranza gli raccontava interessanti leggende. Sulle rive del fiume Varuna, sul Nikki ghat, vi è un bel ritrovo fondato da un eremita. Chedi Baba era solito accompagnarlo anche là, oggi ancora frequentato da santi Vishnuiti. Chedi Baba lo presentò pure al Babu Uma Shankar ji del distretto di Kajimandi di Kashi  ed alla sua famiglia. Babu Uma Shankar abitava ad Allahabad e ha sempre trattato il Mahatma con grande venerazione e generosità. In questo modo trascorsero circa due anni e per la ricorrenza del Kumbha Mela il venerabile andò a piedi al Prayag e probabilmente proprio in questa occasione si separò da Chedi Baba. La famiglia di Chedi Baba è strettamente imparentata con il rinomato santo Kachcha Ram di Kashi. La tomba del divino santo Kachcha Ram si trova nel villaggio Jalhupur del distretto di Varanasi. Anche Baba Bhagwan una volta partì a piedi dal quartiere Ishvarganji per andare a venerare questa tomba. Mangiando frutta durante il viaggio e camminando tutto il giorno, la sera giunse a Jalhupur. Rimase là per qualche giorno e venerare la tomba provando una pace senza precedenti ma per aver percorso a piedi dieci miglia senza fermarsi in così giovane età, si ammalò. In questo periodo ha trascorso la maggior parte del tempo nei tre principali luoghi nei dintorni dello stesso quartiere: il giardino di Punastet, il giardino di Ray Gunarudas e il Devalariya che è un bel monastero sulla riva del fiume Varuna a nord della linea ferroviaria situata in Chandra ghat. Mentre viveva qui era solito rendere omaggio ogni giorno a Dhumavati Devi ji e, nello stesso tempo durante il novilunio di primavera (nove giorni e nove notti – Navaratri nei mesi di Chaitr e Ashvin a partire dal primo giorno fino al nono durante i quali si festeggia la Dea Durga) avendone ricevuto l’ispirazione, di là si recò sul monte Girnar e poi, per un certo tempo, prese a vivere nel giardino di Punastet nei pressi del tamarindo nano, per cui le autorità ebbero il timore che probabilmente il venerabile intendesse sistemarsi in quel luogo, ma egli, prima ancora di dar loro troppe preoccupazioni, con l’aiuto di Shri Lakshmishankar ji Tivari (priore mahant del monastero di Kashi Vishvanath) si trasferì nel parco di Ganarudas dove si sistemò. Piano piano, accanto al venerabile, cominciarono a raccogliersi persone devote come pure curiosi.



Shitala e Bhairava – Ara Shmashan


L’anno 1954 si stava raccogliendo in Prayag  una grande folla per il bagno sacro (Khumb-snan) e anche il venerabile partì in quella direzione. Pur essendo inverno non aveva con sé nulla per coprirsi né per coricarsi, e sul corpo non aveva altro che un pezzo di stoffa sottile di mussolina. Strada facendo se per pietà qualcuno gli offriva un po’ di cibo, con quello si nutriva. Per diversi giorni, non avendo trovato cibo, si sostentò con la sola acqua del Gange. Un giorno una vecchia lo incontrò tra la folla. Essa con sguardo pietoso lo portò accanto alla sua capanna, gli diede un nuovo abito e anche un po’ di cibo. Il venerabile ha raccontato che dal giorno in cui ricevette l’elemosina della Madre non si trovò mai più in difficoltà per il cibo e altro.

Di notte trascorreva il tempo presso la dhuni  dei sadhu. Un giorno un appaltatore si risentì col venerabile e gli disse che non gli avrebbe più permesso di bruciare della legna costosa. Il venerabile non disse nulla. Vedendolo tremare per il freddo l’appaltatore gli portò una vecchia coltre che portava sempre con sé. In quello stesso periodo una Avadhutin (Aghorin) completamente nuda venne a sistemarsi presso la stessa dhuni dove si trovava il venerabile. Oltre a lui, accanto a quella dhuni vivevano altri tre sadhu. La mattina presto questa Avadhutin era solita sedersi completamente nuda proprio accanto al venerabile. Furono fatti molti tentativi per allontanarla di là ma la donna non abbandonò la dhuni. Restò là 20-25 giorni. Non si lavava la faccia, ne usava l’acqua dopo aver provveduto ai bisogni corporali. Era molto bella e robusta. Tutto il giorno girava per la fiera (Mela) con una bandiera e la sera veniva a sedersi presso la dhuni. Sui capelli portava una ghirlanda di fiori e sulla vulva un fiore di arhane. Apparteneva per nascita ad una famiglia benestante. Finalmente il sannyasi Parmanand ji riuscì ad allontanare quell’avadhutin da quella dhuni.

 


Baba Aghoreshwar


Durante il periodo della sua ricerca religiosa simili avvenimenti si ripeterono spesso, ma nel cuore del venerabile non entrò mai alcun sentimento per le donne che non fosse quello materno. Il bambino infatti ottiene sempre forza dalla madre, mentre coloro che possiedono sentimenti opposti perdono per sempre la forza. Dopo aver trascorso in Prayag circa un mese in questo modo, tornò a Kashi. In quello stesso periodo il suo maestro Rajeshwar Ram ji doveva farsi operare. Egli avrebbe dovuto fermarsi per qualche tempo per assisterlo tuttavia un giorno per ordine del maestro lasciò lo sthal e tornò a peregrinare sulla riva del Punyasalila Jahanvi. Un sadhak dotato di emozioni divine anche quando vive in solitudine non percepisce affatto la solitudine. Gli organi del suo corpo si trasformano in amici coi quali egli trascorre serenamente il tempo in un muto colloquio. In questo stato ogni stimolo esterno comincia ad apparire più terrificante di un cobra. All’epoca di quella pratica religiosa non esisteva un sistema di illuminazione moderno, ma anche nel buio della notte provava una strana eccitazione e, continuando a ricevere il conforto della presenza dell’adorabile divinità, esisteva sempre il timore che alla luce delle lampadine potesse essere ripreso dalle illusorie sensazioni mondane. Qualche tempo dopo per l’insistenza dei fedeli devoti prese a vivere in una capanna fuori dal villaggio ma anche là a causa della luce e di altro non riusciva a prendere sonno. Per questo motivo per alcuni anni non permise ad alcuno di restare vicino alla sua capanna dopo le nove di sera. Il sadhak, l’asceta, deve viver lontano dal consorzio umano per il motivo che vivendo fra persone animate da desideri, avviene un’interruzione nella pratica ascetica libera da desideri. Per questo sia l’influenza che la volontà delle persone attaccate al mondo diffondono nell’atmosfera provoca agitazione, turba il sadhak. Egli si nutriva soltanto nel cibo che i pastori e altri gli davano spontaneamente e come abito possedeva soltanto un pezzo di tela di circa un metro e mezzo che egli usava di giorno come abito e di notte come coperta. Egli non si fermava mai troppo a lungo in uno stesso luogo. In questo periodo si stabilì per qualche tempo in una grotta sulla sponda del Gange, vicino al villaggio chiamato Sherpur, nel distretto di Gajipur. Un giorno entrò nel villaggio per la questua e i ragazzi, che lo credevano pazzo, cominciarono a tormentarlo. Quando chiedeva l’elemosina anche alcuni contadini lo ignoravano, non si curavano di lui mentre le donne di campagna che, pur non essendo istruite, sono rispettose della dignità e della cultura indiana, come potevano vedere questo loro figlio affamato e assetato? Grazie alla loro compassione, andando nel villaggio a mezzogiorno, riceveva subito l’elemosina.

 


Aughar Baba Bhagwan Ramji

 

Il venerabile decise di fermarsi per qualche tempo in un luogo solitario e dietro suggerimento di alcuni signori prese a vivere nella grotta sulla sponda del Gange. Nelle vicinanze vi era un akhara (una congregazione di sadhu) e anche un tempio di Shri Hanuman perciò anche restando chiuso dentro la grotta, alcuni gruppi di ragazzi durante il giorno lo disturbavano. Per opera dei devoti di quel luogo questo fastidio presto cessò ma di notte uno strano rimorso si ripresentava nella sua mente e il venerabile restava seduto per ore continuando a piangere. Allora non vi era nessuno in grado di consolarlo. Per incontrarsi con la Madre il suo spirito cominciò ad essere molto perturbato. La Madre non lasciò a lungo piangere e disperarsi il bimbo orfano. Ottenuto il suo amore egli cominciò ad ottenere l’affetto sempre più vivo delle persone rispettabili del posto, ma, considerando che anche questo fosse un legame, s’incamminò lungo la riva del Gange in direzione del Bihar e giunse a Baksar proprio nel giorno di Holi ma prima di partire da Sherpur per il Bihar avvenne un fatto. Poco lontano dalla grotta una persona di una famiglia rispettabile aveva ottenuto l’appalto per l’attraversamento del Gange. Qualche giorno prima della festa di Holi una sera questi andò dal venerabile per convincerlo a trascorrere la festa di Holi proprio in Sherpur. Disse anche che tutti loro avrebbero trascorso il giorno di Holi in quello stesso ashram e che nella suddetta occasione avrebbero provveduto anche agli abiti e al resto. Il venerabile rispose molto affettuosamente, ma non si impegnò per trascorrere lì il giorno di Holi.

 


Baba Aghoreshwar in Italia – 1991


Un Avadhut durante la vita si serve solo di quelle cose che la gente abbandona non considerandole più necessarie. Su questo argomento una volta parlando dell’uccello Mahokh egli disse che anche questo uccello è un sannyasi che, senza arrecare alcun danno all’agricoltura, si nutre esclusivamente di vermi e insetti. Proprio quella sera trovò sulla riva del Gange un cadavere avvolto in un grande sudario. Egli pensò di utilizzare quel sudario per la festa di Holi. Ritornò nella grotta e si riposò. Il giorno dopo, all’alba, tornò sulla riva del Gange e vide che sciacalli, cani e avvoltoi, per cibarsi della carne del cadavere, avevano strappato il sudario. Ne prese un pezzo di circa due metri e mezzo e silenziosamente abbandonò la grotta incamminandosi verso il Bihar. Mentre da Sherpur andava ad Ara si fermò per una notte ad Ahirauli, a nord di Baksar. Lungo la strada un uomo generoso ed affabile insistette perché accettasse la sua ospitalità ma Egli si allontanò in fretta anche da costui. Poco più avanti trovò un frutteto, vi entrò e si sistemò sopra la piattaforma sull’albero. Poco tempo dopo entrò in quel frutteto un giovane elegantemente vestito all’inglese e, avvicinatosi alla piattaforma sulla quale stava seduto il venerabile, si accinse a urinare. Il venerabile gli disse di non farlo e quello, spaventato per il suo abbigliamento, si preparò a scappare. Dopo essere stato rassicurato, il giovane si avvicinò e gli disse di essere lui il padrone del frutteto e che, se avesse voluto sistemarsi stabilmente in quel frutteto, egli era pronto ad offrirgli tutti i suoi servizi. Il venerabile non si impegnò neppure con lui.

Quando quello se ne andò, attorno alle 11 di notte, cominciò ad essere tormentato dal freddo per mancanza di vestiario e da bruciori di stomaco perché durante il giorno non aveva ricevuto elemosina. Proprio in un campo lì vicino erano state piantate delle piantine di pomodori ma vi era un guardiano. A mezzanotte quando nel villaggio cominciò la festa di Holi anche il guardiano di questo campo con altre persone andò a prendere parte ai festeggiamenti. Allora il venerabile, sceso dalla piattaforma, cominciò a pensare se avrebbe commesso un furto raccogliendo alcuni pomodori e mangiandoli per saziare la sua fame. Per un po’ rimase immerso in questo pensiero e gli venne in mente il comportamento del grande Rishi Durvasa, di Vishvamitra e di altri. Alla fine si avvicinò al campo, raccolse alcuni pomodori ma non appena cercò di spegnere la fame con quelli e dopo averne mangiato alcuni bocconi, li abbandonò sul posto perché acerbi e acidi e si allontanò subito da là. Il giorno seguente raggiunse Gundii, il suo villaggio natale, mentre la gente era tutta intenta a festeggiare Holi. I suoi parenti e amici tentarono ripetutamente di prenderlo e portarlo a in casa. Egli stesso era tanto turbato e commosso ricordando l’amore materno che per ore non poté frenare le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi.

 


Baba Aghoreshwar in Svizzera – 1988


Egli aveva preso la ferma decisione di rompere le otto catene, cioè ogni legame col mondo, perciò andò nel villaggio sotto l’aspetto di un vero penitente. Il suo corpo era ricoperto solo da un pezzo di sudario di circa due metri e mezzo, con una mano trascinava il cadavere di un cane e con l’altra reggeva la bottiglia del liquore, e il suo aspetto era spaventoso. Il suo tentativo ebbe successo poiché la maggior parte delle persone, quello stesso giorno, prese un’importante decisione e cioè che ora egli non era più degno di essere riammesso nella famiglia. Occorrerà ricordare che per consuetudine anche l’amore filiale non fu lontano dal cuore della madre remissiva ma neppure durante questo viaggio egli s’incontrò con la propria madre. Mostrando una simile indifferenza egli tentò di portare sollievo al cuore della madre. Nel frattempo i compagni d’infanzia e il Paramhansji lo circondarono e insistettero perché partecipasse ai festeggiamenti. Egli disse loro di organizzare il canto ch’aita per l’apertura del capodanno, lui vi avrebbe preso parte; intervenendo ai festeggiamenti con quegli unici amici, rese più grande il loro entusiasmo. Terminati i festeggiamenti, e sul far dell’alba, mentre la gente andava riposare, silenziosamente si alzò e partì. Tornò a Kashi e qualche tempo dopo prese la decisione di ricominciare a viaggiare sulla riva del Gange.